The bus stopped so suddenly that…
L’autobus si fermò così all'improvviso che Arianna rischiò di volare dritta in braccio all'autista. Non capì subito cosa stesse succedendo, era immersa nel suo romanzo preferito e non aveva alzato gli occhi dalle pagine da quando si era seduta al capolinea. Nel frattempo il mezzo si era riempito quasi fino a scoppiare e dalla brusca frenata il caos regnava padrone tra quelle pareti di latta. Alzò gli occhi sulla strada e ciò che vide la fece sbiancare.
Un uomo meccanico alto circa trenta metri aveva distrutto l’asfalto e scoperchiava le auto di fronte come fossero scatolette di tonno. L’autista non riusciva a fare scattare l’apertura delle porte e tutti si stavano accalcando verso le uscite, rendendo impossibile la fuga.
Arianna chiuse il libro e cercò con lo sguardo una soluzione, sembrava di essere in uno di quei folli videogiochi che tanto la distraevano dallo studio. Si alzò in piedi sul sedile e cercò di aprire il finestrino sopra al suo posto, ma era bloccato. Si guardò intorno ancora in cerca di una soluzione e vide un ragazzo passarle a fianco, spintonando in cerca di aria, ben presto si fece largo verso il finestrino del conducente, il cui sedile era ormai vuoto.
La ragazza non perse un secondo di più, seguì quella chioma bionda fuori dall’autobus. Atterrò malamente e quasi si storse una caviglia, ma quell’ammasso di metallo gigantesco si avvicinava sempre più e scattò subito in una folle corsa verso un riparo. Aveva quasi raggiunto un edificio a bordo strada, quando un proiettile grande come la sua testa distrusse il negozio di abbigliamento a piano terra.
Guardò indietro voltandosi al rallentatore, come se una forza magnetica la pregasse di non farlo. Il gigante di acciaio era ormai arrivato all’autobus e l’aveva ribaltato su un lato, i passeggeri ancora intrappolati tentavano di uscire in ogni modo, ma ormai erano come topi nelle grinfie di un felino. Una donna era rimasta schiacciata dal mezzo nella fuga, e altri correvano da tutte le parti in cerca di salvezza.
In quell'istante Arianna si ricordò di essere esposta tanto quanto loro e tornò presto in sé. Le macerie e le automobili distrutte erano sparse ovunque, un’auto ardeva sul marciapiede di fronte e il fumo si diffondeva ovunque rendendo tutto offuscato. Sentì una voce chiamarla, o meglio un "Ehi, tu!" che sembrava arrivare dalle sue spalle. Si voltò nuovamente verso l’edificio alle sue spalle e vide due grandi occhi verdi fissarla, come fanali nella notte. Notò appena le labbra muoversi sotto quel naso affilato, ma capì che doveva dirigersi verso quel volto.
Raggiunse il proprietario di quegli occhi verde foresta, il ragazzo fuggito dal pullman prima di lei, quello che aveva inseguito come Alice insegue il coniglio bianco. La prese per una mano e la trascinò verso un vicolo, schiacciarono subito la schiena contro un muro, i suoni selvaggi alle loro spalle.
«Piacere, Luca» Occhi verdi le stava porgendo una mano, davvero un gesto insolito vista la situazione. «E tu sei...?»
«Piacere, Arianna. Scusa, cercavo di metabolizzare l’accaduto.» Sospirò, cercò di fermare i battiti del cuore che si dimenava scatenato all'interno della sua cassa toracica. «Quindi…siamo vivi.»
«Sì, ancora per poco se non troviamo un riparo migliore, hai visto quella cosa? Quella specie di Cyborg…non so cosa stia accadendo ma sembra di essere in un videogioco…ah, giusto, femmina della specie, come non detto.» Il ragazzo sorrise mesto, poi iniziò a spostarsi verso il fondo del vicolo, cercando una via di fuga.
Per un attimo Arianna rimase lì a guardarlo, poi il suo animo da donna del sud esplose a scoppio ritardato. «Femmina della specie…Femmina della specie?! Ma chi ti credi di essere…nemmeno con la fine del mondo voi maschi riuscite a ritrovare un paio di neuroni!» Fece per andarsene, tornare verso la strada, con la mente offuscata da quell'improvviso sentimento di rabbia per l’ennesimo personaggio ad averla classificata senza nemmeno cercare di conoscerla.
«Ferma! Ferma, ferma, ferma!» Una mano le strinse il polso, un po’ troppo forte in effetti, ma forse quel troglodita aveva ragione. Si voltò a guardarlo, cercando di assumere il suo sguardo più temibile, quella situazione in effetti era sciocca, dove credeva di andare? «Arianna, giusto? Bè…dove credi di andare? Là fuori c’è il finimondo e tu non puoi dividere un vicolo con un idiota come me?» Sorrise. E quel sorriso non riuscì a non far breccia nel suo scudo di spine. Possibile che questo ragazzo la faceva sentire così...idiota? Sì, erano due idioti in un vicolo.
«Sì, giusto. Grazie per avermi afferrata, se non fosse per te a quest’ora potrei essere una bella frittata umana. Comunque hai ragione,» Sorrise. «Sembra di essere in Walking War Robots.» Gli fece l’occhiolino e cambiò subito discorso. Perché aveva fatto l’occhiolino? «Come pensi di riuscire a fuggire? Sembra il finimondo, là fuori.»
Luca scoppiò a ridere. Scoppiò. A. Ridere.
«Che c’è? Che succede?» Se gli occhi di lui erano sembrati fanali qualche minuto prima, i suoi adesso non avrebbero potuto essere da meno. «Quindi, la fine del mondo sta arrivando, anzi, ci ha appena dato un bel calcio nel didietro, e io mi ritrovo con l’unico ragazzo bipolare nel giro trenta chilometri!» Alzò gli occhi al cielo.
«No è che...scusa...» Luca fece per asciugarsi una lacrima, continuando a sghignazzare. «È solo che…arriva l’apocalisse e io riesco finalmente a trovare una gamer...assurdo!»
«Ah.» Cosa avrebbe dovuto rispondergli? Qualcuno lassù stava probabilmente sghignazzando dell’idiota che aveva di fronte. Ma che occhi, l’idiota...
«Va bene, va bene.» Luca si ricompose. «Dunque, non so che fare esattamente, sto cercando di capire, ma di sicuro stare nell'orbita di quel rottame ambulante non è la soluzione. Questo è un vicolo chiuso, e fuori rischiamo di prenderci un proiettile grande come un lampione…ah, a proposito, bei riflessi prima!»
«Grazie…» Arianna cercò di concentrarsi sul problema. Non era più il momento di perdere tempo. Sembravano non esserci vie di fuga, eppure… «Le fognature.»
«Cosa?» Luca si volse di scatto. «Intendi...»
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