The floor tasted like blood...

Il pavimento odorava di sangue, un odore ferroso che Lauren quasi riusciva ad assaporare, o forse era solo il sangue che le scendeva dall'occhio ferito, fino alla bocca. La scena che le si prospettava di fronte dalla sua angolazione era puro terrore, corpi ammassati al suolo e ricoperti di sangue, un mare rosso e implacabile che ad ogni scarica somigliava sempre più a carne trita.
Lauren era a terra ormai da dieci minuti buoni, con il viso schiacciato al suolo e una guancia che quasi non riusciva più a sentire, come fusa con il sangue che ricopriva l’intera stanza. Un dolore acuto proveniva dall'occhio destro colpito di striscio da un proiettile nello scontro e una fitta le lacerava il fianco sinistro. Non riusciva più a trovare Josh con lo sguardo e la paura attanagliò il suo stomaco tutto d’un tratto, al realizzare che non doveva essere solo lei a soffrire e a trovarsi nei guai.
Si erano divisi appena era scoppiato il caos, per colpa della folla e degli spari, all’inizio era riuscita a intravvedere la chioma bionda e un paio di profondi occhi verdi spiccare sul resto della folla, ma all’arrivo degli autonomi le loro strade si erano separate definitivamente.
Gli spari e le scariche erano ancora vicine, ma come poteva rimanere lì?
Cercò di alzarsi, ma sentiva il peso di altri due corpi ammassati sopra di lei. Corpi senza vita. Cercò ogni singola briciola di energia e alla fine riuscì a liberarsi. Iniziò a strisciare sui cadaveri, su quei sacchi di pelle ormai vuoti. Sentiva qualche mormorio, qualche lamento, ma non poteva far nulla per chi era stato ferito. Doveva trovare Josh, fosse anche l’ultima cosa che avesse fatto.
Riuscì a raggiungere una porta, mentre dalla parte opposta della stanza gli automi finivano il lavoro iniziato, bruciando i cadaveri e uccidendo i pochi sopravvissuti. 
Aveva pochi secondi per alzarsi, aprire la porta e chiudersela alle spalle. Aveva un secondo, in realtà. 
Si ranicchiò su sè stessa, mettendosi in una strana posizione che la fece sentire quasi un felino prima dell’attacco. Alzò la testa dando un’ultima occhiata alla maniglia, pregando che nessuno avesse chiuso a chiave quella porta, pregando che niente fosse appena dietro quella lastra di metallo a ostruirne l’apertura, pregando di non inciampare e di non essere colpita…una fitta all’addome richiamò la sua attenzione. Tese i muscoli un’ultima volta, e scattò.
Un secondo.
Si appoggiò alla porta, esausta. Ce l’aveva fatta. Fece per alzarsi, ma venne tirata indietro per i capelli. Una ciocca era rimasta tra la porta e lo stipite. Prese il coltello che aveva nella tasca dei pantaloni e tagliò. Alzò lo sguardo e cercò di mettere a fuoco. Era nel vano scala dell’edificio, uno sencondario probabilmente, per le emergenze. Cercò di pensare a dove Josh avrebbe potuto essere, ma se non era tornato da lei, l’unica possibilità era che fosse finito dalla parte opposta del piano. 
Iniziò a salire le scale, cercando una porta dietro la quale non ci fossero spari e lamenti. Iniziò a correre, esausta, ma con il bisogno di trovare la via per la scala opposta dell’edificio, quella che avrebbe potuto avvicinarli. Ogni piano era invaso, o almeno così sembrava, di rumori angoscianti e non poteva permettersi si sbagliare.
Arrivò al tetto, col fiato mozzo e la canottiera rossa del suo stesso sangue. La luce del giorno la accecò, un bagliore bianco talmente intenso da suonare stonato in quell'oscuro giorno.


Si fermò un attimo, una mano su un ginocchio e una in vita. Alzando lo sguardò vide la scala opposta e si avviò, camminando in modo precario. La porta sembrava distante chilometri, ma forse era la sua energia che si stava esaurendo, strappandole la lucidità.
Doveva. Raggiungere. Josh.
Era quasi arrivata quando la stessa porta si spalancò di fronte a lei, di colpo e con un tonfo assordante in quel silenzio a cinquanta metri da terra.
Due enormi occhi verdi la fissarono per un istante. 
Poi sparirono, nell’abbraccio che la sostenne fino a stenderla contro il vano scala.
«Lauren..Lauren..o mio dio..» Josh aveva lo stesso profumo di sempre, solo con un accenno ferroso. 
Strabuzzò gli occhi. «Josh! Sei ferito?!» Iniziò a mettere a fuoco la vista, a guardarlo e tastarlo in cerca di qualsiasi taglio o foro da arma da fuoco, qualsiasi cosa che le dicesse che il suo Josh era in pericolo.
«Lauren, fermati.» Josh Le bloccò i polsi e fissò i suoi occhi in quelli di Lauren. «Sto bene. Sto bene, guardami.» Si alzò e fece una piroetta, sorridendo, cercando di minimizzare come suo solito. Era sporco di sangue, i vestiti intrisi, ma nessuna ferita grave.
«Stai bene.» Un sussurro.
«Sì.» tornò da lei e la abbracciò di nuovo, più forte questa volta, se possibile. «Sto bene e guai a te se sparisci di nuovo..fammi vedere cos’hai.»

Restarono per ore seduti a fissare il cielo, dopo che Josh ebbe stretto e sistemato delle bende di fortuna sulle ferite di Lauren. Il tramonto iniziò a colorare tutto di arancione, di rosa e poi di viola e blu intenso, l’oscurità scese, ma nessuno pareva ricordarsi di quell’ultimo piano. Quell’ultimo posto in cima al mondo, tranquillo e silenzioso. 
Forse erano semplicemente già morti, forse lei era morta.

Si risvegliò quasi all’alba con un respiro mozzato, improvviso. Non aveva sognato, eppure le ore erano volate. Josh sedeva al suo fianco, stringendola con un braccio sulle sue spalle e raccogliendo le sue gambe nell’altro. Le diede un bacio sulla fronte.
«Ci sono qua io, tranquilla.» Un altro sorriso, questa volta bugiardo. Gli occhi di lui erano distanti, altrove, i muscoli tesi come se fosse in allerta. 
«Che succede?» Un allarme risuonò nella sua testa, cercò di concentrarsi sull’ambiente intorno, ma quel silenzio era estenuante.
«Niente, non succede niente.» Questa volta Josh posò gli occhi su di lei, sul suo viso e su quelle labbra che aveva tanto desiderato. La baciò, questa volta con passione. «Senti?»
«No, non sento...nulla...» La preoccupazione alle stelle, poi Josh proseguì, quasi in un sussurro.
«È il rumore del mondo che si arrende. È il rumore dell’uomo che soccombe. Il rumore della fine.»
Una lacrima rigò la guancia di Lauren, i sensi ormai rilassati e sciolti in quegli ultimi attimi di vita. «Josh...Ti amo.»
Le braccia intorno a lei si ammorbidirono, saldando al contempo la stretta. «Ti amo.»
La porta del vano scala si aprì lentamente, cigolando, riempiendo quel silenzio che li stava quasi soffocando.

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