Being painted wasn't what she had expected.

Essere dipinta non era ciò che si era aspettata. Entrando nella tenda di Bjorn, Freja aveva voluto dare un saluto al suo neo-marito prima della battaglia. L’uomo l’aveva presa tra le braccia e guardandola negli occhi le aveva trasmesso tutto il suo ardore e la sua passione. Uno sguardo tanto intenso che Freja ne era rimasta soggiogata. L’aveva seguito fino alle pelli stese in un angolo e lì aveva goduto del suo vigore. Poi Bjorn l’aveva presa di nuovo e lì le aveva sussurrato parole di guerra.
Appagato il suo compagno, Freja fece per andarsene, pensando che non ci fosse più nulla che lei avrebbe potuto fare per lui sino al ritorno dell’uomo dalla battaglia, quando lo avrebbe curato e medicato.
Ma Bjorn non sembrò della stessa opinione, si alzò e le si parò davanti con un sorriso mesto sul viso. Le fece scivolare di nuovo via la veste e dopo aver bagnato le dita in un liquido azzurro, iniziò a dipingere sul corpo di lei i simboli della guerra, gli stessi che ogni volta lui stesso si faceva tracciare sul corpo dal suo servo. Il tocco di Bjorn era leggero ma sicuro, un contatto che creava in Freja strane sensazioni, brividi di piacere e di sorpresa al contempo. Le sembrò che quel momento fosse infinito, con gli occhi di lui fissi nei suoi, poi lui le porse il liquido color porpora e lei iniziò quella strana danza sul corpo di lui. 

Alle luci dell’alba, un servo entrò a portare le vesti per la battaglia del suo padrone, mentre una donna schiva e silenziosa iniziò a vestire Freja allacciando e tirando la tunica e facendole indossare dei pantaloni e degli alti stivali. Alla fine le fece indossare un cinturone e le intrecciò i capelli alla maniera delle guerriere. La donna non capì subito, ma alla fine realizzò che il suo sposo le stava regalando il più prezioso dei regali: il rispetto.
Uscirono dalla tenda mentre il sole iniziava a fare capolino all’orizzonte, salirono sui cavalli che erano stati preparati appena fuori dell’alloggio e un ragazzo offrì alla donna uno scudo e un’ascia, le armi con cui tanto si era allenata prima di sposare Bjorn, ma che ormai aveva abbandonato per adempiere ai suoi doveri di moglie. Saggiò la lama e un sorriso le spuntò agli angoli della bocca, mentre uno sguardo deciso conquistava i suoi occhi.
Sentiva già il profumo della guerra, l’adrenalina e la libertà scorrerle nelle vene, mentre a testa alta seguiva il suo sposo nel corteo che portava gli uomini al campo di battaglia. Le donne guerriero la affiancarono e si ritrovò circondata da un muro di scudi che le diedero maggiore forza.

La sua gente era solita attaccare di sorpresa, caricando il nemico con la foga di un lupo e la forza di un orso, accompagnati dal volere degli dei. Ma questa volta era diverso, erano stati chiamati in battaglia dal nemico i cui soldati vestiti di ferro attendevano una loro risposta per far guerra o parlare. Freja non avrebbe mai capito i sassoni e quelle loro strane armature, quel modo statico di combattere e la loro lingua melliflua. Forse dopo quel giorno avrebbe potuto spiegarne i motivi, o forse avrebbe raggiunto il regno degli dei.
Iniziò a vedere la schiera di soldati ordinati occupare il campo ai piedi della collina e sentì subito il rumore della guerra. L’intero corteo aveva dato il via a una melodia fatta di ferro e legno, arma contro scudo, in un ritmare che poteva solo caricare i propri amici e terrorizzare i propri nemici.
L’adrenalina continuava a scorrere nelle vene, quasi scoppiando al suono della battaglia che stava per arrivare. Sì sentì tesa e strinse con forza la presa sull’ascia per sentirsi più sicura. Il suo sposo la guardò trasmettendole tranquillità e sicurezza e Freja non ebbe più dubbi.
Bjorn iniziò a sbattere più velocemente la sua spada sul suo grande scudo e quasi nello stesso istante partì alla carica, seguito dalla sua gente, i suoi guerrieri e i suoi amici. Freja non potè fare altrimenti e si gettò in pasto alla ferocia dello scontro, saggiando il sangue dei cristiani e dando sfogo alla sua voglia di uccidere.
Si ritrovò ben presto giù da cavallo e combattè senza freni, colpendo e squartando i corpi degli uomini vestiti di ferro. Vide il terrore negli occhi di quei miscredenti che temevano la morte e la sua fatalità, mentre i suoi stessi compagni morivano al suo fianco combattendo, con un sorriso sulle labbra e il sapore del banchetto di Odino già sulla lingua.
Rischiò la vita più volte quel giorno, ma l’addestramento e la protezione degli dei la lasciarono illesa, quasi senza un graffio a scalfirle il corpo.

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Al tramonto lo scontro era ormai terminato e i pochi sopravvissuti dell’esercito nemico erano già in fuga, lontani verso il loro padrone codardo che nemmeno aveva osato avvicinarsi al campo di battaglia.
La sua gente stava raccogliendo i morti e i feriti quando Bjorn le si affiancò, distraendola dai suoi pensieri. Si guardarono per un istante e finalmente lui le parlò per la prima volta quel giorno.
«Freja, la donna guerriero. La mia sposa.» Una scintilla di orgoglio luccicò negli occhi dell’uomo che subito si allontanò con un sorriso mesto. La donna non seppe dire se dietro l’orgoglio aveva per un secondo potuto scorgere dell’amore, ma per quel giorno aveva avuto abbastanza dagli dei, non avrebbe potuto chiedere altro.

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